Descrizione
Note:
Descrizione:
La cavità inizia con una bassa galleria, interrotta dopo pochi metri da un riempimento di materiale grossolano. Dalla parte opposta, la galleria prosegue con uno stretto pozzo-fessura (utile una corda) profondo una decina di metri. Alla base una galleria ad andamento suborizzontale, piuttosto concrezionata intercetta un pozzetto di 13 m, con evidenti morfologie a pieno carico. Un percorso accidentato, impostato lungo una evidente frattura, porta a una serie di brevi salti di 5 e 6 m che richiedono l’uso di una corda. Un ampio salone di crollo (60 x 20 m) costituisce il fondo della cavità. Sul lato settentrionale del salone è possibile raggiungere in più punti un esiguo corso d’acqua, che presto sparisce in una frana, mentre sul lato opposto depositi di fango impediscono ulteriori prosecuzioni. Nel punto più basso, un piccolo laghetto, sempre presente, sembra essere collegato con la falda principale.
Le sue acque vengono alla luce attraverso una copiosa sorgente, ubicata a pochi metri dal Tanaro, posta ad alcune centinaia di metri dalla grotta. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)
Itinerario:
La grotta è ubicata in destra orografica della Val Tanaro, tra Ormea e Garessio. Posta a circa 4 km dal centro abitato di Ormea, si raggiunge percorrendo la strada comunale per località Barchi. Qui, verso valle, si incontra un sentiero pianeggiante che costeggia il corso d’acqua principale. Superata una sorgente, il percorso diventa impervio, inoltrandosi lungo i ripidi versanti sulla sinistra della Torre dei Saraceni. Abbandonando sulla sinistra il sentiero, si raggiunge l’ingresso principale dopo una cinquantina di metri, alla base di una parete di calcare grigio. L’ingresso secondario, un pozzo profondo una decina di metri, è posizionato alla stessa quota, dalla parte opposta di un grosso diedro roccioso. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)
Storia:
Scoperta ed esplorata da speleologi della Val Tanaro negli anni settanta. (tratto da: Atlante delle aree carsiche piemontesi - Volume 2 (2010)